Quel tempo sospeso dei “Gemiti “ di Napoli
Un cancello verde che si apre lentamente accanto ad un palazzo semicircolare dall’aria antica. Alle sue spalle, uno stretto vialetto alberato, con piante di limoni predominanti, incastonato al di sotto di un’imponente parete tufacea dai colori brulli e contrastanti. L’ingresso dell’atelier è in un angolo di una delle piazze più rinomate nel cuore di Posillipo: piazza San Luigi. Di fronte uno scorcio di Napoli, in bilico tra mare e colline dolcemente degradanti e a volte rocciose: una Napoli sempre contrastante e contorta, nella sua bellezza, a volte ossessiva e a volte delirante.
Qui la Fonderia Artistica Gemito vive sospesa tra difformi scenari che reincarnano il cuore e l’animo di uno scultore, di un pittore, di un artista, che proprio di Napoli seppe cogliere quelle tensioni stridenti, ma sempre appassionanti, delle sue forme e delle sue note di dolore e l’ironia della bellezza della città, che nasconde sotto di sé un sorriso tanto forte quanto, a volte, amaro: Vincenzo Gemito.
Qui vive, nelle scelte stilistiche, nelle tradizioni lavorative, persino nei calchi, nel fuoco, nella materia forgiata e rinnovata in antiche forme, la memoria di quello scultore che a Napoli venne denominato “o scultor pazz”, per la passione bruciante con cui rappresentava l’anima affollata e a volte folle di una città di inizio ‘900: affannata, spesso nervosa; incontrollata, ma sempre ricca di classicità, di storia, di popolo, di tradizioni e paradossalmente di armonia: e questo era anche il carattere delle opere tutte partenopee di questo eccellente artista napoletano.
E così il cuore di Vincenzo Gemito pulsa fortemente nei suoi eredi, Francesco e Andrea Guerritore, nella stessa maniera: nella loro volontà che accoglie l’arte, la passione, l’ispirazione, l’impeto creativo dell’avo Gemito. Ancora oggi qui si realizzano opere che rappresentano l’anima appassionata di una Napoli antica, ma anche attuale e reale, estrema negli impeti, ma, quando vuole, sobria e armoniosa nelle forme; talvolta cedevole e molle, ma anche aspra e viva. Così Andrea Guerritore racconta: “mia nonna paterna era la nipote di Gemito ed è stato mio nonno dopo aver conosciuto mia nonna, ad essere rapito dall’arte di Gemito e cosi decisero di continuare sulla via del Maestro, avendo ricevuto, dopo la sua morte, in eredità i suoi calchi. Il desiderio era che il nome di Gemito non venisse dimenticato, ma che venisse divulgata la sua arte.”
Busti di bronzo dai volti antichi, ma anche moderni, sospesi come in un salto temporale che congiunge generazioni diverse, che condividono lo sguardo gettato su Napoli di allora come di oggi. Quell’arte che rappresenta la Napoli delle contraddizioni, dei conflitti antichi e di quelli moderni, delle antinomie e delle antitesi passate quanto presenti, degli ossimori che rendono queste opere uniche: sinuose, coinvolgenti nelle forme e nei colori, nelle sfumature di quel metallo lavorato a fuoco, che riproduce le meravigliose opere del Maestro Gemito, grazie ai calchi originali. Andrea Guerritore così spiega:“Le nostre non sono copie, ma creazioni, perché su quei calchi originali viene iniziato un vero atto creativo, che nasconde una sorta di magia, che contraddistingue un’opera dall’altra: ogni lavorazione ha tempi diversi, che rendono peculiare un’opera. Con la tecnica della fusione a cera persa del Cellini possiamo realizzare anche altre opere, come busti o di oggetti in bronzo. Ogni opera, che viene prodotta dalla Fonderia Gemito, viene punzonata con il marchio e accompagnata da certificazione di garanzia”.
E così queste opere in argento, in bronzo, con patina pompeiana, argentea o rinascimentale si offrono in uno spettacolo unico e caratteristico, sia se realizzate con i calchi originali di Gemito o dello scultore Avolio, di cui la fonderia ha acquisito i diritti, o ancora su richieste particolari su cui vengono poi realizzati nuovi calchi scultorei.
Francesco Guerritore, padre di Andrea erede diretto di Gemito, con la pacatezza che sa di grande esperienza e con suggestiva voce e tono ironico, aggiunge: “Le sculture a volte sono capricciose! Non vogliono essere patinate: mi fanno i dispetti! Le sculture sono, infatti, tutte patinate a fuoco, per cui ogni metallo ha una sua reazione peculiare. E’ una strana magia che rivive ogni volta!”
Alle spalle dell’atelier, si apre la fonderia dall’aria antica, vissuta, che sa di storia, di arte, di tempo dilatato: lì Francesco Guerritore ci mostra le fasi di lavorazione con dedizione, con passione, con straordinaria amabilità: l’odore acre e pungente della cera che scioglie sul fuoco ci avvolge in un tempo sospeso, che sa di nuovo e di antico, di creatività e di talento. Ci mostra la creazione di una delle opere in cui Gemito ci mise tutta ” l’anima e o cor”: Alessandro il Macedone.” Gemito costruì addirittura un cavallo di legno su sui far posare il modello per la creazione di Alessandro il Macedone. Con quella realizzazione Gemito voleva superare sé stesso e imponeva nervosamente al povero modello di rimanere immobile per ore su quel cavallo”, cosi spiega Francesco Guerritore.
Busti di donne dai volti morbidi, ma fortemente espressivi, con i capelli ora raccolti e ora lenti; volti paffuti di bambini raffiguranti scugnizzi dal sorriso vivo, dalle guance apparentemente dolci e vellutate; il Nettuno simile a un pescatore napoletano, accovacciato su quello scoglio, che coglie un istante che resta perenne. Ricreazioni di quel Pescatoriello napoletano e dell’Acquiaiolo tanto famosi, realizzati con il calco originale del Maestro Gemito: dai tratti vivi, di un’espressività duttile, dall’espressione quasi malleabile, come se la materia metallica fosse ancora cocente e in parte plasmabile; dalle mani tese e frenate, per stringere la vita di quei pesci che vuole fuggir via, come la vita spesso fa nella sua irrefrenabilità; dal corpo fresco, modellato in una materia liscia, in bilico su quello scoglio aguzzo, con i piedi rivolti verso l’interno, come protesi in un prossimo scatto istintivo; e l’Acquaiolo poi, spinto nella ricerca di un equilibrio improbabile: proprio come nella precarietà della condizione di vita del Maestro, data nella sua irrequietezza e nelle temerarietà propria di un acrobata, perennemente sospeso tra sollievo e dolore.
“Gemito prendeva come modelli da rappresentare soggetti indigenti, come lui; amava, infatti, riprodurre scugnizzi, che facevano da modelli per ore e ore, sottoposti a stress muscolare proprio per cogliere veristicamente lo sforzo dell’acquaiolo; per questo le brocche, che essi reggevano, venivano riempite totalmente d’acqua, per rendere la rappresentazione massimamente realistica. Proprio l’Acquaiolo fu un regalo di Gemito alla sua nipote prediletta, Bice, e fu poi presentata al Papa Leone XIII. Il conclave papale, tuttavia, contestò la nudità del soggetto rappresentato. Di fronte a ciò, Gemito rimase basito, ma subito rispose “qual è o problema?Ci facimm nu’ calzuncin! E così realizzo un calzoncino asportabile per lo scugnizzo”. Poi Francesco Guerritore, in un racconto che ha il sapore misto di storia ma anche di incanto, continua: “Quando a casa di Gemito veniva Raffaele Viviani, si appoggiava con la testa sulla spalla d Gemito e così Gemito gli chiedeva: Rafè raccuntam nu’ poco l’ultim fatt”. Infatti, Gemito amava tutto ciò che accadeva nei quartieri popolari della città nelle strade, tra la gente più umile e più viva, in quella Napoli di cui lui si sentiva parte cocente.”
Intensità, gioventù, potenza e vigorosità, memoria e miti plasmati in una materia palpitante, realistica, intensa, che vuole cogliere in un fremito, in uno scatto, in un momento la vita intesa come inquietudine. E così queste riproduzioni delle opere del Maestro Gemito, attraverso la testimonianza della Fonderia Artistica Gemito, rappresentano la vita di scugnizzi, ragazze, acquaioli, spesso dai capelli arruffati e con gli occhi che nascondono emozioni segrete e vibranti, a volte celate sotto espressioni cupe e imbronciate, malinconiche. Perché, come disse Benedetto Croce, quando: “un velo di mestizia par che avvolga la Bellezza, e non è velo, ma il volto stesso della Bellezza”. Cogliere il pensiero, le idee, catturare l’anima, l’espressività passionale, la bellezza dell’arte classica resa ancor più significativa dalla malinconia della vita, impressa realisticamente nel bronzo: questo significa appropriarsi di una di queste opere.
Un’arte tangibile, creativa, viva che in quelle riproduzioni ha fissato un attimo in eternità: le produzioni di Gemito così, attraverso quelle tecniche, attraverso quei calchi, attraverso i suoi eredi, Francesco e Andrea Guerritore, sono diventate momenti che possono essere non solo ricordati, ma anche vissuti e rielaborati: queste opere regalano l’illusione che la fugacità della vita possa essere arrestata.
E così la Fonderia Artistica Gemito oggi rappresenta un vero tempio del tempo vissuto dall’artista, un tempo che costantemente rivive nelle mani dei suoi successori, eredi della sua memoria e creatori di questa sospensione temporale, che giocando con le parole, si può dire dei “Gemiti” di Napoli!
Contatti
Fonderia Artistica Gemito
Di Francesco e Andrea Guerritore
Piazza San Luigi 9/a 80123 Napoli
Tel 081 5756925
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