Oggetti d’arredo, lampade, monili, creati plasmando metalli, rame soprattutto, in una bottega a poche centinaia di metri dal Monte Echia, lì dove Partenope nacque. E’ c’è molto di primigenio nel metodo di lavoro di Giuseppe Di Dodo, il suo è un approccio istintivo alla “materia prima”: la studia, osserva, ascolta per poter poi piegarla, tagliarla, modellarla e dare forma di “cose” alle sue idee. E lo fa attraverso una rivisitazione delle antiche tecniche di lavorazione dei metalli. Esiste dunque una sottile linea “rossa come il fuoco” (compagno di lavoro quotidiano), che unisce le creazioni contemporanee di Giuseppe con quel luogo fisico e mentale, il Monte Echia, dove la millenaria cultura e creatività partenopea ha origine:
“E’ quasi primitivo il mio approccio, dopo aver venduto il primo pezzo mi sono reso conto che potevo produrre con le mie mani una cosa, una persona era disponibile a comprarla, ed io potevo così continuare a fare altre cose e vivere. Questo scambio atavico, quasi un baratto, per me è eccezionale”
Giuseppe è fiero della “non riconoscibilità” delle sue produzioni, perché rappresenta per lui il segno tangibile di una originalità, di una versatilità, di un continuo percorso di innovazione che lo spinge a liberarsi dalle maglie di uno stile, di un canone predefinito che rischierebbe di imprigionare anche la sua creatività. Un processo “di liberazione dai protocolli” (come lo definisce egli stesso) reso però possibile da una profonda e rigorosa conoscenza delle tecniche di lavorazione tradizionali, che con coraggio e determinazione sono state da lui quasi ereticamente riformulate per rispondere a personali esigenze creative e produttive.
“Nella mia fase creativa io sono sempre in battaglia: se per realizzare quel dato oggetto c’è un modo, una strada conosciuta, io scelgo quella sconosciuta. E’ oramai il mio approccio personale. Apparentemente sembra che io cerchi di sradicare i protocolli, le tecniche tradizionali, ma in realtà con il mio approccio cerco di arrivare alla loro essenza; ed è l’unico modo per poterle padroneggiare completamente e quindi poterle anche manipolare a tuo uso. E’ chiaro che questo approccio richiede grande impegno costante e forse anche un bel po’ d’istinto”
C’è tanto territorio dentro le creazioni di Giuseppe Di Dodo, c’è tanta Napoli e molto del suo simbolismo sospeso fra sacro, arcano, naturalistico e profano. Frutto anche di una fascinazione forte che egli vive e coltiva per quel gigantesco patrimonio di cultura e apertura mentale di cui è portatrice la maggioranza dei napoletani e che si esprime, agli occhi di Giuseppe, attraverso uno “scambio umano quotidiano” di straordinario stimolo per la sua personale interpretazione in chiave artistico-artigianale della napoletanità.
Questo scambio ferocemente umano, bello, con la strada, le persone: il negozio io l’ho sempre considerato da un altro punto di vista, è un luogo che mi arricchisce, che mi pone in contatto con la “verità”, con la strada, ed ogni incontro è per me un arricchimento ed una suggestione”
Il punto vendita in Via Calata San Marco, gestito insieme alla moglie Alessandra che ha contribuito in maniera significativa a dare nel tempo forma organizzata alla parte commerciale dell’attività artigianale, rappresenta per Giuseppe un luogo “di scambio”, un osservatorio sulla “verità della strada”; non dunque solo vetrina delle sue creazioni, ma spazio di contatto con la gente, luogo di transizione dove l’idea in forma di manufatto artistico dell’artigiano, incontra il desiderio e la ricerca del bello dell’ acquirente o la semplice curiosità del passante:
“spesso le persone entrano in negozio non tanto con l’intenzione di volersi “comprare” un oggetto in particolare, ma con la sensazione di star entrando in un mondo dal quale poi vogliono uscire portandosene via un pezzo. Ed io credo che questo accada perché in ogni oggetto che realizzo c’è coerenza, c’è un po’ di amore, c’è cura, attenzione, c’è identità, c’è una storia e dunque originalità”
“La vita è progetto. E’ Cambiamento”.
In questa frase sembra sintetizzarsi, ancor più che un modus operandi, la vera e propria “filosofia artigiana” di Giuseppe Di Dodo: le sue idee sembrano strade che si arricchiscono e mutano grazie agli incontri, voluti o fortuiti, con la più varia umanità incrociata durante il percorso di ideazione. La fase di creazione è una sosta, un tempo dedicato a dare forma tangibile alle idee attraverso la riformulazione di tecniche e saperi antichi scandagliati fino alla loro essenza più pura; il prodotto finito è un “simbolo in condivisione”, oggetto culturale che attraverso la bellezza della forma connette artigiano e acquirente in un ideale abbraccio vissuto sotto l’ombra protettrice della millenaria Partenope.
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