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Il luogo dove tutto ebbe inizio

Il Real Albergo dei Poveri e la Storia dell’ artigianato artistico Napoletano

“PALAZZO FUGA”- l’enclave storico delle ARTI della CITTÀ

L’albergo dei Poveri, la cui costruzione, iniziata nel 1751, fu interrotta e poi ripresa nel 1826, è una delle cosiddette strutture “sociali” progettate da Ferdinando Fuga fuori dalle mura aragonesi, così come il cimitero delle 366 fosse ed i Granili.

Carlo VII di Borbone nel 1749 nell’ambito del programma di rinnovamento edilizio chiamò Ferdinando Fuga per progettare l’Albergo dei Poveri che avrebbe dovuto accogliere le masse di poveri di tutto il Regno.

L’opera si inserisce in un contesto storico non lontano dalle finalità per le quali fu creato. Infatti, nella prima metà del XVIII secolo, Napoli fu caratterizzata dalla coraggiosa opera di rinnovamento del ministro Bernardo Tanucci, con i decreti sull’abolizione del feudalesimo e dei privilegi ecclesiastici, e dei primi vagiti dell’illuminismo napoletano, tra i quali si annoverano Antonio Genovesi e Ferdinando Galiani.

Ma già allora il progetto rimase incompiuto tanto che l’attuale costruzione è solo un quinto del progetto iniziale. Ciò avvenne non solo per mancanza di fondi ma anche per un cambio di visione avvenuta con il successore di Carlo, suo figlio Ferdinando IV che decise di destinare solo una parte della struttura alle camerate e il resto da destinare alla produzione manifatturiera.
Questa monumentale costruzione il cui prospetto principale finito si affaccia su piazza Carlo III , rappresenta un luogo storico, in parte abbandonato, nel quale si sono succeduti avvenimenti per circa due secoli e mezzo, fondamentali per ricostruire, attraverso lo studio ed il recupero di documenti d’archivio, la storia, la politica e la società della città di Napoli.

Un edificio che rappresenta l’intelligenza architettonica di chi lo ha ideato, il cui scopo iniziale fu quello di ospitare circa ottomila ospiti indigenti divisi per età e sesso, togliendoli dalle strade.

La progettazione di questa divisione fu voluta immaginando che fosse così più facile tenere sotto controllo quotidianamente le masse di indigenti che circolavano nell’Albergo e che fosse più semplice indirizzare le diverse tipologie di ospiti alle varie attività formative e lavorative che venivano stabilite nelle programmazioni dei governatori e controllate dai Ministri della Pia Istituzione.

La sua iniziale funzione etico sociale doveva essere rappresentata dal reimpiego dell’enorme potenziale di energie umane, specie giovanili, da trasformare da classe di “poveri” a quella di “artefici”.

Purtroppo, i tragici avvenimenti del 1799 che portarono il Re a fuggire di nascosto con la sua famiglia a bordo di una nave verso Palermo, e la conseguente guerra civile, condizionarono la realizzazione dell’iniziale progetto di Fuga.

Infatti, il Re ed il Governo dell’albergo, posero fine al prosieguo dell’opera originaria e ne approvarono una ridotta nei costi dell’architetto Maresca che subentrò nella direzione dei lavori a Carlo Vanvitelli, che prevedeva un’ immediata disponibilità di spazio utile: nuove officine per impiegare la pressante presenza di nuovi reclusi che dovevano apprendere un mestiere.

Ciò che emerso dallo studio dei documenti d’archivio rinvenuti e ricostruiti dagli storici, è che l’albergo racchiude al suo interno una storia di grande operosità, soprattutto giovanile, legata al concetto, così attuale, di formazione nelle arti e nei mestieri che ha contribuito in maniera determinante alla formazione di talenti che hanno fatto nascere quell’artigianato di qualità ancora oggi essenziale per il tessuto economico e sociale di Napoli e della Campania tutta.

Infatti, bisogna tener presente che le potenzialità dell’artigianato e dei mestieri nelle città storiche è una ricchezza ed una risorsa che va tutelata e potenziata.

Dunque, l’Albergo dei Poveri nelle sue finalità aveva quella fondamentale di divenire il “luogo per le Arti della Città “dentro le mura.
Fu proprio negli anni di Ferdinando II, che l’Albergo dei Poveri fu definito:
“il Grande Emporio” , a voler indicare in questo nome il ruolo centrale di polo induttore che assunse durante il periodo del processo d’industrializzazione del regno, rappresentando un luogo importantissimo nella vita sociale ed economica della Capitale.

Alla caduta della repubblica napoletana seguì, dunque, la riconquista del trono da parte di Ferdinando che si farà promotore di un progetto di liberalizzazione delle iniziative imprenditoriali attraverso una serie di provvedimenti , accordi,concessioni ed incentivi ed affidando agli stessi industriali la gestione della struttura produttiva del tempo, al centro del quale vi era proprio l’Albergo dei Poveri, ricco di manodopera giovane, e dove vi erano le risorse idriche necessarie per lo sviluppo dell’industria che nella città manterrà per secoli sempre un carattere artigianale. Il tutto sempre sotto la guida e gli indirizzi strategici che si era riservato il Re.

Sarà proprio la pressione della borghesia sia nazionale che estera , che porterà l’introduzione di nuove fabbriche negli istituti assistenziali e che aprirà una nuova fase in cui conservatori e reclusori costituiranno un complesso sistema di strutture imprenditoriali multi-produttive, in cui il Sovrano stabilirà strumenti di cooperazione ed incentivazione con gli imprenditori

Anche nel decennio del governo francese la cultura industriale trovò ampio spazio e furono potenziate le nuove tecnologie e l’uso dei macchinari: è di questo periodo la nomina di una Giunta per tutti gli oggetti di manifatture, arti ed industrie del Regno, che nasceva sulle ceneri della precedente Giunta ferdinandea, con lo scopo di portarle al massimo grado di perfezione. Fra le prime iniziative della Giunta ci fu la pubblicazione di un periodico d’informazione tecnica, scientifica e commerciale.

L’albergo nonostante racchiudesse un sistema produttivo artigianale o semi artigianale, sarà un luogo di grande innovazione: è qui che in piena restaurazione, per la prima volta nel Regno sarà introdotto il telaio meccanico Jaquard, che soppianterà pian piano il tradizionale sistema di lavoro manuale.
Dobbiamo ricordare che le attività tessili hanno rappresentato nella struttura economica del Regno un’ importanza fondamentale, nonostante in Inghilterra ed in Francia fossero presenti sistemi industriali avanzati in grado di incidere su un rapido cambiamento della moda divenendo modelli produttivi difficilmente imitabili.
Negli anni di Ferdinando II questo processo di ricerca di nuove tecnologie e nuovi strumenti di lavoro, attraverso la Giunta delle Arti, il Real istituto d’Incoraggiamento e le Mostre Espositive, sarà spinto in maniera incessante.
Inoltre, la funzione dell’Albergo, fu caratterizzata dalla stretta connessione che si ebbe non senza difficoltà, tra i programmi di formazione dei giovani, la pratica di sistemi artigianali e l’uso di nuovi macchinari.
In quest’ottica, fu introdotta all’interno dell’albergo la prestigiosa fabbrica di coralli del marsigliese Paolo Bartolomeo Martin, che oltre ai primari compiti e fini produttivi, ebbe anche quello della formazione e dell’avviamento all’ arte della lavorazione del corallo dei giovani reclusi: le cronache dell’epoca raccontano che da questa scuola uscirono abilissimi artigiani, di gran lunga superiori per abilità di quelli della scuola torrese sempre fondata da Martin, ma con un carattere ed una finalità prevalentemente speculativi.
Fu fondato all’interno del Real Albergo dei poveri anche un lanificio, impiegato all’inizio nella produzione d’indumenti militari, nel quale furono occupati circa trecento reclusi: molti ragazzi ciechi erano addetti al travaglio della lana.

Fra le attività presenti nel “Reclusorio” dai documenti ritrovati, si ha notizia di un’ attività manifatturiera di tinture, una produzione di piccoli chiodi, un laboratorio artigianale del maestro calzolaio Aldostro, uno del maestro falegname Filippo, una fabbrica di tele secondo il metodo dell’inglese Macmen.
L’azione di recupero oggi ancora in atto di tale luogo storico della città di Napoli non può e non deve prescindere da quanto sopra descritto: la storia della cultura artigianale partenopea .
Ancora oggi questo edificio può essere destinato alla storia e alla salvaguardia “delle Arti della città”, all’interno del quale se ne sentono gli antichi rumori della produttività e se ne avverte la laboriosità , sostenendo un settore produttivo come quello artigianale , per il quale la cultura partenopea è conosciuta in tutti il mondo.