Curare il tempo con una foglia d’oro
La nobile arte di Antonio Cesario.
Preziosi, sottili, piccoli fogli ottenuti battendo lamine d’oro fino a ottenerne spessori millesimali.
Un’argilla particolare, il cui nome evoca suggestioni di terre lontane d’oriente: Bolo Armeno.
Attrezzi antichi, trasmessi per generazioni, fatti di legno, àgata e sapienza intrisa dalle mani artigiane che li hanno maneggiati.
Un lavoro fatto di una gestualità misurata, di movimenti accurati, occhio osservatore e gusto fine, e le mani che pur sfiorando modellano, restaurano e ridanno splendore e gloria alla materia.
Così Antonio Cesario cura il tempo intriso negli oggetti d’arte.
Varcare la soglia della sua bottega di via Bausan è come proiettarsi in una dimensione temporale altra: è un tempo passato e nobile, quello raccontato dai tanti diversi legni dei tanti diversi oggetti d’arte che lì dimorano o attendono un intervento che ridoni loro l’antica bellezza.
Ma è anche un tempo sospeso, quello narrato dalla maestria dei gesti di Antonio, che ci allontana dai ritmi frenetici ed innaturali del nostro quotidiano e ci lascia in balia di una sorta di magnetismo che tiene qualsiasi osservatore immobile ad ammirare l’artigiano intento al suo creativo fare; forza “attrattiva” da cui lo stesso Antonio fu ammaliato anni fa: “Era la metà degli anni Ottanta, io ero al primo anno d’Istituto d’Arte e mio padre, artigiano laccatore, durante le vacanze estive per evitare che passassi il tempo per strada mi portava con lui a lavoro.
Un sabato pomeriggio, lo ricordo perfettamente ancora ora a distanza di anni, ci ritrovammo nella zona di Chiaia dove mio padre andava a rifornirsi da un colorista di zona, e fu qui che conobbi Ciro, vecchio artigiano e amico di mio padre…Entrammo in bottega nel preciso momento in cui lui stava applicando dell’oro su una cornice…io rimasi folgorato da quella scena, da quei gesti…fu come qualcosa di magnetico che mi obbligava a guardare…Iniziammo a parlare, gli raccontai della mia passione per il disegno, degli studi artistici intrapresi..e lui mi fece allora la proposta di andare “a bottega”, cosa che ovviamente accettai con entusiasmo” Antonio osserva, assiste, esegue, impara, ruba anche il mestiere, come è giusto che sia quando si è “a bottega”: quello straordinario percorso formativo, professionale e umano, che ha garantito per secoli il passaggio delle conoscenze e della abilità artigiane da una generazione all’altra e che oggi rischia di scomparire per sempre (insieme a tanti mestieri artigiani) a causa anche della cecità e scarsa flessibilità di quei vincoli normativi e burocratici che anziché tutelare il lavoro sembrano sempre troppo ostacolarlo.
“I 15 anni in cui ho frequentato la bottega sono stati per me un percorso formativo sotto mille aspetti diversi: Ciro non era molto facile di carattere, per questo motivo gli operai in bottega andavano e venivano; questo mi ha però permesso di conoscere tanti modi diversi di lavorare, di osservarli da vicino, di studiarli: praticamente è come se mi fossi formato in più “Scuole”…soprattutto nell’artigianato ognuno e po’ portatore di una propria metodologia di lavoro, e quindi osservandolo ti trasmette cose sempre diverse rispetto ad altri che fanno anche il suo stesso lavoro.
Per lungo tempo Ciro, a causa di problemi familiari, non potè più seguire quotidianamente l’attività, ed io mi ritrovai così per quasi un anno a stare praticamente da solo in bottega: avevo vent’anni ma sentii che dovevo prendermi in carico quella responsabilità…anche dovuto al carattere che ho e che mi spinge ad aiutare…Capivo che il lavoro non doveva fermarsi senza Ciro, i clienti entravano in bottega e chiedevano lavori e interventi che poi non erano mani pronti e completati in tempo perché all’epoca io non ero materialmente in grado di poterli fare…però non ho mollato…ed iniziai così a misurarmi anche con interventi e lavorazioni che non avevo mai fatto prima…A distanza di anni non saprei giudicare la qualità di quei lavori, sta di fatto però che la clientela continuò a tornare in bottega contenta dei lavori che realizzavo…E fu quella la molla che mi fece capire che era forse anche giunto il momento di iniziare a muovermi da solo come artigiano…” Nel 1999 Antonio Cesario da così il via all’attività artigiana in proprio, cerca una sua bottega sempre in zona a Chiaia, contribuendo così anche a mantenere viva un’antica vocazione produttiva di quest’area della città dove economicamente virtuoso è stato per secoli il rapporto fra le famiglie nobiliari acquirenti, antiquari venditori ed artigiani produttori e restauratori di oggetti d’arte.
Antonio ha creduto fin da ragazzino nel suo mestiere, lo ha ricercato, imparato, fatto suo con grande abnegazione, con straordinaria passione e con non pochi sacrifici.
Ed è riuscito nel suo intento: “Ancor prima che diventasse la mia professione io già amavo questo lavoro: oltre che in bottega io continuavo anche nel tempo libero il mio percorso di autoformazione…preferivo magari farmi un’uscita in meno con gli amici e dedicarmi la sera al disegno, così da poter poi combinare il restauro di doratura con la decorazione.
Professionalmente nasco quindi Doratore, che è la figura artigiana preposta a dorare gli oggetti in legno; doratura che si può fare anche su ferro e vetro, io lavoro esclusivamente sul legno, quello gessato, ed è questa una lavorazione fatta fin dall’antichità, sviluppatasi nelle tecniche artigiane nel 1550 e da allora mai modificata…Sono cambiati un pochino i prodotti che si adoperano e che purtroppo sempre più spesso sono qualitativamente inferiori a quelli del passato.
Per quanto attiene invece lo specifico del lavoro, è svolto interamente a mano, le tecniche di lavorazione sono rimaste le stesse di secoli fa, immutate nel tempo.
Questa è un’attività artigiana che non può in nessun modo meccanizzarsi nei procedimenti: per stendere l’oro non è che puoi farti aiutare da un computer o da un attrezzo elettrico, è un lavoro strettamente connesso alla gestualità dell’artigiano”.
Antonio Cesario ha raggiunto oggi un così elevato grado di abilità e conoscenze del suo mestiere che riesce a raccontarlo a chiunque con straordinaria semplicità e trasmettendone tutta la profonda passione: “S’interviene su oggetti antichi così come su oggetti ex-novo di mia produzione.
Sul legno viene passato del gesso liquido mischiato a colla di coniglio, il tutto diluito in acqua.
Una volta asciugato scartavetriamo il pezzo con la carta abrasiva e dove non è possibile farlo con le sole mani ci serviamo di antiche attrezzi, costruiti essi stessi ancora oggi completamente a mano: con questi possiamo così fare pressione sul gesso portando così la base a diventare lucida e liscia.
Utilizzando poi un disegno, che riportiamo sul gesso, si realizzano una sorta di bassorilievi, con un apposito arnese con il quale si va ad incidere lungo il tratto del disegno e grattando bene la superficie del materiale.
Adottando questa tecnica si va così a ricomporre il pezzo che stiamo lavorando.
Successivamente applichiamo argilla e dopo l’asciugatura si passa alla fase di doratura” Ascoltandolo parlare del suo lavoro, guardandolo mentre opera o semplicemente si muove nella sua bottega, un po’ del segreto alla base della sua bravura si riesce a carpirlo: Antonio Cesario intrattiene un rapporto vivo e vitale con gli oggetti e i materiali sui quali interviene, li tratta, li cura e li rispetta per quel che sono: dei “Portatori di Storia e di Bellezza”.
E quando il Tempo inarrestabile avanza, insensibile a quella Bellezza e minando così anche la Storia di quell’oggetto d’arte, Antonio interviene e cura, anche con una sola piccolissima, leggiadra foglia d’oro.
“L’esperienza ti aiuta molto in questo mestiere.
Ma è l’oggetto che ti dice come vuole essere trattato.
Ed ognuno ti racconta una cosa diversa, ogni oggetto ha una storia diversa”.
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Officina Belle Arti
di Antonio Cesario
Restauro e Laccatura Oggetti d’Arte
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