Raccontare è una magia che offre una seconda vita al lettore: suggerire emozioni e sensazioni non vissute nel fluire del tempo reale, ma assorbirle lentamente nel battito leggero delle parole che si affollano su quel foglio e che gremiscono la mente di immagini senza tempo. Tuttavia, c’è una festa in provincia di Napoli, esattamente a Nola, che va vissuta più che spiegata, perché il tripudio di sensazioni che si vivono lì non è facile in altro modo raccontare, se non nel fatto di coglierlo in quell’annegarsi nella folla, nella musica, nelle tradizioni, nel culto che essa offre realmente: è la Festa dei Gigli di Nola.
Questa festa balla la vita, canta inni alla sacralità della storia e alle leggende locali; erige monumenti alla fede e all’amore. In questa festa i Nolani condividono passioni e gioie, creatività e senso di appartenenza in un crescendo emozionale: idee di musicisti, di artisti, di cartapestai, di architetti e di ingegneri prendono corpo in uno spettacolo che sa di rito, di cerimonie, di devozione, di orgoglio e che conferiscono a questa festa un’atmosfera di energia magica, sospesa tra tradizione e innovazione.
Strutture lignee, come veri e propri capolavori d’arte, si innalzano esageratamente nelle strette strade affollate del centro nel mese di giugno: le strade esplodono di euforia e di enfasi. Qui l’esagerazione, a volte barocca, per assurdo, nasce direttamente dalla necessità spontanea di culto di un popolo che non dimentica le sua storia. Quegli eccessi così non sono artificiosi, ma volontari, perché semplicemente offrono simboli di sorprendente dedizione al culto di San Paolino, protettore di Nola, e al sentimento di appartenenza e d’identità dei Nolani. Così la Dr.ssa Maria Luisa Mangoni, Maestra di festa, spiega: “si vuole valorizzare attraverso la festa proprio la storia di San Paolino e rinnovare la fede stessa, al di là della competizione tra le corporazioni: la Barca e’ proprio il simbolo della fede che vogliamo rinnovare. San Paolino arrivò a Nola attraverso il mare e così nella storia tramandata si racconta che con un passaparola si presentarono dinanzi a lui i rappresentanti delle varie corporazioni, portando in dono un giglio, segno di speranza e di fede.” Poi continua:” “La donna ha un ruolo specifico oggi nella organizzazione del Comitato Barca: è un simbolo di fede, di forza ma anche di permanenza dei segni e di univocità, al di là di differenze comunitarie all’interno delle corporazioni. La festa è sempre stata prevalentemente maschile, ma noi oggi vogliamo dare un impulso innovativo e portare la donna sotto al Giglio, proprio attraverso il simbolo della Barca. Vogliamo diventare protagoniste della festa, attraverso la fede, al di là di ogni competizione. Il ruolo delle donne non deve essere più banale in questa festa, ma centrale, perché deve riportare la festa ai suoi reali significati religiosi. Questa festa, in questo territorio, su queste pietre deve mantenere un significato diverso e profondo rispetto a tutte le altre feste di tutti gli altri luoghi: deve essere un percorso obbligato di fede e di senso comunitario. “
Misticismo e cristianesimo echeggiano cosi vistosamente nelle strade della cittadina per tutto il mese di giugno: camminare per le vie che seguono cortei affollati e trepidanti di sproporzionati obelischi, colmi di fregi e ornamenti, lascia davvero poco spazio immaginativo, perché qui tutto si deve vivere immediatamente! Miriade di uomini, che sollevano Gigli di circa 25 metri e pesanti più di 40 quintali, sembrano eserciti senza armi, danzanti la vita e la gioia; orgogliosi collatori di tradizioni, che amorevolmente accudiscono ed evidenziano, come madri devote, il sentimento di appartenenza culturale e l’orgoglio di una fede, che può essere raccontata ancora tramite questi simboli. Maestri d’arte poi che realizzano obelischi mastodontici in legno, che vengono rivestiti da abili cartapestai ed eccellenti decoratori di stucco. Tutti mettono qui in atto un’arte unica e simbolica nel creare senza dimensioni, nell’eccesso visivo di colori e ornamenti, nel tripudio esagerato di musica ed immagini, nell’innaturale sforzo dei collatori. Un patrimonio simbolico da preservare e riconoscere, tanto che dal 2013 la Festa dei Gigli di Nola è stata riconosciuta dall’UNESCO come patrimonio dell’oralità e dell’immaterialità.
L’organizzazione della festa, nella sua spettacolarità e complessità, dura davvero un anno intero. Il Maestro di Festa ha un compito importantissimo: affidare ad una famiglia, storica costruttrice di macchine da festa, la realizzazione dell’enorme obelisco, il Giglio. Poi, Il Maestro di Festa ha un altro fondamentale compito: scegliere il capo paranza; cioè, il capo di quel gruppo, costituito da circa 200 persone, che con sforzo incredibile solleveranno quel Giglio, con fierezza e orgoglio, quell’ ultima domenica di giungo. Gli obelischi di legno poi si ispirano alle antiche corporazioni delle Arti e dei Mestieri: Ortolano, Salumiere, Bettoliere, Panettiere, Beccaio, Calzolaio, Fabbro e Sarto.
Veri e propri cerimoniali si snodano in diverse fasi, che si volgono durante tutto il corso dell’anno, in preparazione di un evento dotato di eccezionale spettacolarità e attorno a cui proprio si stringe Nola come comunità vivente: la presentazione del Maestro di Festa, la consegna della Bandiera al Maestro di Festa, il riconoscimento di un motivo musicale predominante – che accompagnerà tutta la Festa – e poi, naturalmente, l’inizio della costruzione di quelle mastodontiche opere in cartapesta, che rappresentano nel loro sfarzo, tutta la magnificenza festosa di questo evento.
I nomi di Maestro di festa, di Maestro musichiere e di Capo Paranza ci introducono in un mondo antico e in uno spazio magico, in una microcosmo preservato nella memoria: quello delle feste. Un microcosmo che, quando viene messo in scena, diventa un macrocosmo che tutto contiene. In esso è preservato uno scopo superiore della collettività: la rinascita. Infatti, di fronte al fluire quotidiano, questa festa ha dei caratteri eccezionali: ci ricorda che la vita non ha uno scorrere sempre costante, ma che è un processo inarrestabile, dotato di momenti unici, paradossalmente ripetibili, di effervescenza e ilarità. La dismisura, l’esagerazione e l’abbondanza rivoluzionano così l’incedere monotono della quotidianità, sollevano da tutti gli obblighi sociali o lavorativi. Qui si manifesta, dunque, contro la monotonia, in forma istintiva, la creatività, lo scambio e la voglia di stare insieme a chi si riconosce in questi riti. L’eccesso, il gioco, le risate, il popolo, la folla, le musiche trovano vita nella rappresentazione strabiliante di tutta quella materialità simbolica data dai Gigli, che si ergono al di sopra dell’uomo, ma dall’uomo sono costruiti, e ci ricordano la forza e l’abbondanza, la fede e la speranza di una vita fertile e generosa: il tempo che si consuma ma che si rigenera sempre.
Qui avviene un incontro illusorio perfetto: l’eccesso sposa la naturalezza, lo sforzo impossibile si unisce al sorriso spontaneo, l’apparente folklore della forma eccessiva svela il suo volto, attraverso la voglia di onorare cultura, arte e storia, che diventano ciò che è incredibilmente vissuto qui e ora.
Di fronte a quegli sforzi, a quelle altezze, a quella folla davvero ci si sente piccoli, ma in quel vivere lo sproporzionato magicamente la volontà individuale si dissolve nella gioia collettiva e si capisce di farne parte. Gli obelischi così rappresentano in maniera gioiosa e appariscente quella possibilità di essere volontà in quanto singolo e in quanto collettività: la collettività cresce, si organizza, cambia, ma vuole rispettare le tradizioni e le ama, si stringe attorno a un ricordo e innalza inni di gioia; l’individuo, che sa di farne parte, ama, ricorda,condivide, organizza insieme agli altri. Qui, proprio in questa festa, il singolo vive in un ambiente di enorme confronto culturale e di crescita: i valori condivisi e vissuti, sfarzosamente in mostra, e lo sforzo simbolicamente rappresentato in quelle creazioni maestose si rivelano nella volontà, apparentemente impossibile, di portarle in giro con spontaneità, come se tutto fosse senza fatica, perché condiviso con gli altri in un momento atteso di festa e di entusiasmo.
Il Dr Guido Lombardi, collatore ed esperto di feste , ci svela alcuni segreti emozionanti:“collatori un po’ si nasce e un po’ si diventa, nel senso che ti viene tramandato. Si impara prima a stare vicino al Giglio: la prima alzata è una sorta di iniziazione … Io ho fatto la prima alzata insieme a mio padre e per me è stato un evento meravigliosamente emozionante: avvolti dalla folla e insieme! Agli inizi del secolo il Giglio veniva portato da alcuni uomini pagati per questo: era in realtà una cosa quasi disdicevole. Oggi invece è per me un onore: medici, insegnanti, operai siamo tutti legati alla memoria del Santo e della festa sotto a quel Giglio e ci sentiamo non diversi, ma uniti.” E poi con sguardo orgoglioso continua nel suo racconto, che sa di antico amore e sicura appartenenza: “ il collatore è riconoscibile anche nella sua fisicità diversa, perché l’uso del Giglio, che viene alzato attraverso una leva di legno, porta alla formazione di un fibrolipoma, il cosidetto “pataniello”, che diventa sempre negli anni più visibile. Ma questo segno diventa simbolo di forza, di sforzo, di fede e anche di senso di orgoglio comunitario. Tradizione e onore sono le motivazioni fondamentali che spingono ad essere collatore. Lo sforzo del collatore, infatti, deve essere letto come un omaggio alla fede e alla comunità, al ricordo, alle tradizioni e al riscatto. E’ uno sforzo apparentemente impossibile, ma che si riesce poi a fare. Il capo paranza mette tutti d’accordo, ci sentiamo all’unisono! Se non aderissimo allo stesso comando, il Giglio si poggerebbe solo su coloro che non ascoltano il comando, con terribili danni fisici: ascoltare il capo paranza, la musica, i tempi di cammino e di sosta, rappresenta la possibilità simbolica di questa comunità di porsi in ascolto e in cammino sulle vie della tradizione, della fede, della memoria, dei rituali, della festa!”
La Festa dei Gigli di Nola preserva, dunque, in sé un grande insegnamento non solo religioso, ma anche morale ed etico: vuole affermare il tempo libero non solo come valore individuale e personale,come spazio e tempo singolarmente goduto, come oggi purtroppo si usa fare. Invece, costruisce l’immagine di un tempo collettivo denso di significati, dove la collettività diventa l’anima di ogni individuo, che sa di appartenere a quello spazio di comuni intenti e di genesi della creatività. La Festa dei Gigli di Nola nasce e muore ogni anno, come ogni festa, e la sua nascita è un’attesa lunga e protratta in cui la comunità si stringe in una serie di cominciamenti, che sono cammini comunitari. La Festa dei Gigli di Nola, infine, si pone come un vero e proprio messaggio educativo da parte della comunità nolana, un messaggio che vuole ancora essere trasmesso, ora come in passato: in essa vive la memoria storica e si anima, respira in quei canti, si muove per quelle strade, si trasforma in un senso comune, in un agire ricco di contenuti fragorosi, di simboli tonanti, di significati euforici che ritornano nella loro ciclicità annuale e che ricordano l’eterno. Qui è la realtà eccessiva stessa che offre una lezione di vita: tutto si può fare con sforzo e volontà e se l’individuo agisce in collettività nulla è impossibile.
Camminare nella Festa dei Gigli di Nola, immergersi frastornati fino ad avere la sensazione consapevole di affondare negli abissi emozionali tra altezze, suoni, applausi, colori, tamburi, regala ai Nolani e al visitatore questa certezza: la realtà condivisa nella sua essenzialità e volontà, nella sua positiva espressività, può superare davvero ogni fantasia!
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