La tradizione nolana degli obelischi di legno ricoperti di cartapesta
narrata da un giovane ricercatore di questa millenaria espressione culturale della Campania
I famosi gigli di Nola, obelischi di legno rivestiti di cartapesta. Uno spazio riservato a loro alla Mostra d’Oltremare, ne parliamo con l’allestitore dello stand Giuseppe Trinchese, libero ricercatore e studioso della tradizione nolana.
La città di Nola deve il suo vanto a tanti uomini illustri, ad una storia remota e ricca di tradizioni, ad una cultura fatta di arte, fede, architettura, artigianato, usanze e credenze. La festa dei gigli abbraccia tutti questi aspetti creando quello che è uno degli eventi folcloristici più antichi ed articolati del mondo. Non a caso la festa di san Paolino con la ballata dei Gigli e della Barca hanno ottenuto il riconoscimento UNESCO, divenendo, ufficialmente, patrimonio orale ed immateriale dell’umanità. Portarli alla Mostra d’Oltremare è stato un atto dovuto, ancor prima di un piacere immenso.
Dunque, la festa dei Gigli di san Paolino, non è solo festa della tradizione di una città, ma anche patrimonio Unesco. Ha appena detto che portarli a questo evento internazionale è stato un atto dovuto, perché?
L’evento ha un nome significativo “Napoli incontra il mondo”. Sarebbe impensabile sia che Napoli incontri il mondo, con l’enogastronomia, i costumi, l’eccellenza delle sue diverse culture, dimenticandosi di Nola, sia che il mondo incontri Napoli, senza quella visione più ampia di una Napoli che abbraccia tutta la Campania, di una Napoli che è stata capitale del meridione e del mediterraneo.
L’evento internazionale, un giro del Mondo all’insegna dell’allegria, della musica, dell’enogastronomia, delle tradizioni, delle eccellenze di alcuni dei paesi più affascinanti al Mondo, quindi, non poteva non includere un inno alla tradizione popolare e religiosa, come la festa dei gigli di san Paolino. Migliaia sono le persone che accorrono a Nola la domenica successiva al 22 giugno per celebrare il santo della città partecipando alla ballata dei gigli, protagonisti assoluti della festa. La meraviglia che suscitano questi obelischi danzanti incrocia folklore e fede. Per i nolani la festa dei Gigli rappresenta un momento di esaltazione che conferma ogni anno la devozione ultra millenaria nei confronti del santo Paolino. Dal 2013, non solo fede e tradizione di un popolo, infatti, la festa dei gigli e della barca di Nola, rientra nel “Patrimonio orale e immateriale dell’umanità UNESCO” dopo la nascita della rete delle grandi macchine a spalla italiane come la Macchina di Santa Rosa di Viterbo, la Varia di Palmi e la Faradda di li Candareri di Sassari.
Ha parlato di festa ultra millenaria. Parliamo delle origini della festa.
Tutto nasce da un dialogo sulla carità scritto da Papa Gregorio centocinquanta anni dopo la morte di Paolino, avvenuta il 22 giugno del 431. Papa Gregorio decise di raccontare le peripezie a cui fu sottoposto Paolino durante le invasioni barbariche. Tra queste la storia della schiavitù di Paolino in Africa alla corte del genero del re dei vandali. Il santo si diede in riscatto della libertà dell’unico figlio di una vedova nolana e presso la corte del re svolse il lavoro di giardiniere. Il re prese a frequentare Paolino, che si distingueva per intelligenza e simpatia. Quando Paolino confessò di essere il Vescovo di Nola, il re gli restituì la libertà chiedendogli cos‘altro volesse e Paolino chiese la liberazione di tutti i nolani. La narrazione di papa Gregorio finisce qui, ma non la fede del popolo di Nola. Secondo la tradizione, gli abitanti di Nola, saputo del ritorno di Paolino, lo accolsero organizzando un corteo diviso in base alle corporazioni delle arti e dei mestieri (Ortolano, Salumiere, Bettoliere, Panettiere, Beccaio, Calzolaio, Fabbro e Sarto), ognuno portò con se un giglio. Nel corso dei secoli, dai gigli si passò ai cerei, dai cerei a delle strutture in legno decorate, fino agli attuali obelischi di legno alti 25 m e rivestiti di cartapesta colorata, portati a spalla e fatti danzare, con un impatto unico, in onore del Santo dopo secoli e secoli.
Storia antica, divenuta tradizione. Ma oggi, come si struttura la festa?
La domenica successiva al 22 giugno, con la ballata dei gigli per i vicoli del centro, Nola si trasforma. ‘A fest’ nasce, quann’ more, la festa nasce quando muore, ed è proprio vero, infatti, allo scoccare della mezzanotte della domenica della festa si individuano per ogni corporazione i maestri di festa, a loro sarà affidata la gestione completa del giglio per l’anno successivo. I maestri di festa, uno o più di uno per ogni giglio e per la barca, scelgono la bottega d’arte che si occuperà della costruzione e del rivestimento, la paranza che trasporterà il giglio o la barca, il gruppo musicale per il repertorio da usare durante la ballata, le serate da fare davanti al giglio. Le varie fasi organizzate durante l’anno attivano un cerimoniale complesso per la preparazione della festa di ogni singola macchina a spalla. I momenti più importanti sono: ‘A Bandiera, lo scambio è la consegna della Bandiera dal vecchio maestro di festa al nuovo; ‘A Questua , la raccolta di soldi, tra amici e parenti, per provvedere alle spese di costruzione dell‘obelisco; ‘A Canzone è la presentazione del motivo musicale che accompagnerà il Giglio.
E’ durante il mese di giugno che si entra nel vivo della festa. Aizata d’a borda segna l’inizio della costruzione dello scheletro del giglio, il palo centrale, della struttura lignea, alto 25 metri, viene elevato al cielo tra brindisi, applausi e musica. Si procede poi con la costruzione della base formata da 4 piedi e dai 6 pezzi del prospetto fino a raggiungere un peso di quasi 40 quintali. Il giglio spogliato, cioè senza rivestimento, verrà poi portato dal luogo di costruzione alla casa del maestro di festa, o in un luogo adatto ad accoglierlo, durante ‘o juorno ca’se provano ‘e spalle, giorno in cui vengono provate le paranze, gruppi di uomini a cui spetta il compito di sostenere e trasportare gli obelischi. Sarà poi applicata ad ogni giglio ‘a vesta nova, la tradizionale decorazione in cartapesta. Il 22 giugno si celebra la processione religiosa, durante la quale sarà il busto in argento del Santo a percorrere le strade di Nola. Fino ad arrivare, dopo il venerdì delle cene ed il sabato dei comitati, ’o juorno cchiu’ bello, la domenica in cui si svolge la ballata dei gigli.
Per chi volesse partecipare alla ballata della domenica, ci fornisca tutte le informazioni necessarie: orari, percorsi, esibizioni e curiosità di questa giornata.
La giornata inizia alle 8 del mattino con la celebrazione eucaristica dei collatori, gli uomini delle paranze, che dopo la messa prendono posto sotto la base di ogni giglio e trasportano gli obelischi in Piazza del Duomo. Una volta che i gigli prendono posto in piazza, il Vescovo, in processione con il busto del Santo ed i gonfaloni delle otto corporazioni, procede con la benedizione ed il discorso alla città ed alla diocesi, uno dei momenti più emozionanti della giornata. Dopo la sosta per il pranzo, prende il via la ballata dei Gigli. Da piazza Duomo il Giglio dell’Ortolano, seguito in ordine da quello delle altre corporazioni (Salumiere, Bettoliere, Panettiere, Barca, Beccaio, Calzolaio, Fabbro, Sarto), inizia il suo giro per le vie della città. Il percorso è lo stesso da secoli e prevede varie prove per mettere in risalto le qualità di ogni singola paranza e del suo capo. I Gigli volteggiano a 360° su se stessi, ondeggiano, sobbalzano, si lasciano cadere a terra cercando di farne vibrare il meno possibile la punta al grido cuoncio cuoncio lanciato dal capo-paranza, la discesa del giglio crea un tonfo che fa vibrare la terra e manda in visibilio la folla. Tutto questo avviene sotto gli occhi indagatori di chi nella festa è cresciuto. Fatica e sforzo sono enormi. I punti più difficili del percorso sono: la girata di caparossa in via san Felice dove il giglio ruota senza urtare nell’esiguo spazio a disposizione; la girata delle carceri dove è necessario far compiere al Giglio un giro di 180° in uno luogo di manovra strettissimo senza che le barre tocchino il muro (dipinto di bianco così da evidenziare eventuali toccate); alla fine del percorso, per tornare in piazza, bisogna superare il vico Piciocchi, angusto al punto di dover eliminare i barrelli laterali. Nel frattempo il tempo è trascorso e al passaggio dell’ultimo Giglio, quello del Sarto, l’orologio segna le otto del mattino del lunedì. Dopo alcuni giorni di sosta, i gigli vengono spogliati dai rivestimenti, buttati a terra e smontati. L’operazione viene definita O colpo ‘e core, ma non c’è tempo per i rimpianti, a fest’ nasce, quann’ more, la festa è già ricominciata.